22.7.10

03/04/10 sab: Mangarake, Tokyo metropolitan museum of photography, Host club

Tanto per liberarci subito degli acquisti, andiamo in un quartiere fuori dall’area centrale di Tokyo (di cui ahimè non ricordo il nome), dove alla fermata per prima cosa siamo accolti da un’installazione di lanterne rosa (che si ritrovano anche nelle vie dove fioriscono i ciliegi) e da parecchi impiegati che sotto, smistano giornali e scatoloni (?). Il nostro obbiettivo è la ricerca del Mangarake, che ci dicono essere enorme, quindi pensiamo “bè incamminiamoci e lo vedremo!”, altro FAIL, incamminandoci scopriamo oltre alla solita via attorniata di ciliegi che al vento liberano i petali (vedi nota “I fumettisti jappi non si sono inventati nulla”) una splendida, tipica, stretta, via jappa, con i ristorantini di ramen (purtroppo chiusi all’ora di pranzo!), le lanterne, i negozietti, le case e le insegne di legno.. fantastico! Il tutto davvero vicinissimo ad un’enorme centro commerciale da noi ignorato perché inglobato da costruzioni e da una strada coperta da altissimi portici moderni. Ovviamente il centro era quello che stavamo cercando noi, dentro, oltre a vestiti, c’erano tantissimi negozi di gadgets, miniature, manga (compreso uno enorme libreria con i manga disegnati dai fans - ovviamente ne ho preso uno), abiti e accessori cosplay.. il riassunto di come fare impazzire un otaku praticamente. Le caratteristiche generali dei centri commerciali è che non hanno sedie, però è presente un’area relax dove inserendo una moneta da nonmiricordoquantiyen puoi goderti una poltrona massaggiatrice per dieci minuti.
Usciamo e dopo aver realizzato che tutti i ristoranti tipici della via, o non hanno caratteri romani (ergo non ci vogliono) o sono chiusi, optiamo per un bento consumato al parco.
Dopo un breve briefing su chi vuol tornare al Mangarake, e chi vuole girare, optiamo per il TOKYO METROPOLITAN MUSEUM OF PHOTOGRAPHY, rivelatosi un’ottima scelta, le mostre in esposizione erano due, decidiamo per il tempo di visitarne una sola, quella che ci attira di più dai volantini dell’ingresso, installata da un attore giapponese che imita grandi personaggi (perlopiù dittatori del passato). L’installazione era impeccabile, tra luci e disposizione nelle pareti, e le foto, oltre ad essere imponenti e ad avere stampe perfette, erano davvero di ottimo gusto. L’interprete, fotografo, attore di teatro aveva riprodotto foto famose usando solo la sua persona. Presenti anche molto ritratti rifatti da lui, fotografie che in realtà brevi filmati incorniciati in schermi LCD, e due cortometraggi. Il tutto disposto su due piani.
Usciamo ad un’ora per cui è impossibile visitare altro, e nel cammino verso la metropolitana ammiriamo una strana costruzione (di cui un edificio di pessimo gusto occidentale) e lo stabilimento della birra Sapporo. Rientriamo in Ryokan per farci belli perché stasera si passa la notte fuori, la metro la prenderemo alle cinque del mattino! Punto di incontro a Shinjuku, zona parecchio nota per i locali notturni. A solo scopo documentaristico (sono felicemente occupata e quelli considerati figoni jappi sono lontani anni luce dal mio modello estetico) mi unisco alle donnine per andare in un Host Club, la cosa mi incuriosisce davvero parecchio. Per chi non lo sa, gli Host Club sono locali in cui le donne jappe vanno per essere intrattenute da un ragazzo. Il ragazzo host è praticamente un uomo-gheisho che ti versa bere, ti accende la sigaretta, ti mette a tuo agio, e il suo compito principale è ascoltarti attentamente. Fisicamente non accade nulla, almeno non lì dentro. Dopo un breve giro per cercare dei prezzi affrontabili ne troviamo uno con la prima ora gratis, e in seguito 1000 yen ad ora. Le mie compagne gradiscono le foto esposte (ovviamente c’è esposto il “menu” dei ragazzi ahah) ed entriamo. Fortunatamente l’usciere e gestore parla molto bene inglese, ci toglie i cappotti e ci fa accompagnare al tavolo da uno degli host (il primo, a turno i ragazzi si danno il cambio), che come tutti i seguenti non sa nulla di inglese, quindi non vi dico che splendore la comunicazione. Il ragazzo si scrive i nostri nomi in un foglio che poi passerà agli altri. Inoltre il gestore arriva con un prontuario di frasi pronte italiano/giapponese con “Ciao” “Come va?” “Siete belle”.. ovviamente noi compensiamo insegnandogli “Vaffanculo”. La prima esaltante scoperta che vale tutti i 1000 yen spesi è che il sakè è compreso nel prezzo, quindi vai di sakè, nel mentre che i ragazzi dividendosi tra cinque donne provano un minimo di comunicazione (visto che il loro scopo principale è ascoltarci). Si siede tra me e Vanessa un ragazzino davvero tanto mingherlino e bassino, con la solita pettinatura giappa capelli sparati, con cui provo a stabilire un dialogo, chiedendogli se studiano l’inglese a scuola. Ovviamente no, effettivamente riflettendoci un attimo, a livello di difficoltà, è come se noi volessimo imparare l’arabo. Sistema di scrittura anni luce diverso dal nostro, pronunce delle lettere pure, praticamente con tutto quello che un jappo deve studiare per passare i terribili esame per assicurarsi un posto nella società, imparare l’inglese è l’ultima delle cose che gli frega imparare. Addirittura riesco a comprendere che per loro è più facile imparare l’italiano. Comunque la cosa assurda di questo dialogo è che lui si comporta da host, il che vuol dire che sgrana gli occhi mentre parlo (o meglio gesticolo) facendo un’espressione del tipo “sto ascoltando ogni singola tua parola attentamente”, sorride mentre parlo (anche se non capisce che gli dico), e sbatte pure le ciglia. La cosa davvero stranisce, e mi sembra anche un po’ ridicola, ma penso che anche alle mie compagne sta andando meglio? peggio?, visto che si stanno barcamenando con host provolone che decide di passare direttamente al linguaggio universale prendendo un bicchiere di sakè, appoggiandolo sul pacco, e dichiarando “big cin cin!”(trad. dall’inglesejappo: grande cazzo).. (nel mentre mi passavano nella mente le frasi della guida di Alberto “I giapponesi sono timidi”) non sono nemmeno riuscita a ridere da quanto non me l’aspettavo! Comunque i ragazzi seguenti a seconda di a chi piacevano li orientavo verso le ragazze libere e appassionate di jappi, io mi limitavo a dichiarare “Italian boyfriend” e loro scappavano (voglio credere per rispetto, ma invece penso che semplicemente non potessero competere..).. tutto questo finchè non è arrivato tale Shintaro, visto quanto era ubriaco e intoccabile, nonostante il comportamento casinaro e la bruttezza epocale, credo proprio fosse uno Yakuza, magari il proprietario di tutta la baracca. La morale è che mi si è seduto vicino continuando a chiedermi il numero di telefono (era l’unica cosa che riusciva a dire: “You. Number. Phone. Phonenumber.”x30 volte minimo). Alla fine Vanessa (tesoro grazie) mi ha salvato urlandogli lei dell’Italian boyfriend, e finalmente in un lampo di lucidità si è alzato, ma non per andarsene, ma bensì per buttarsi sulle altre ragazze del tavolo! Le gesta poetiche del Tigre (così chiamato da noi) sono già state narrate in un poema ideato dagli altri ragazzi, e non mi starò a ripetere, piuttosto continuo la narrazione dicendo che finito l’orario devi compilare una tabella di preferenze (una specie di questionario di grado di soddisfazione a mo’ di Trenitalia), e puoi richiedere da chi farti accompagnare fuori. Lasciando questionari e scelte alle altre usciamo, e lì mentre cammino mi accorgo dei primi miracoli del sakè. Premesso che era molto buono, e che finchè stai seduto sei lucido, al massimo leggermente più euforico, quando ti metti a camminare ti rendi conto magari di avere esagerato, ma è un tipo di bevanda che comunque ti lascia tutte le capacità motorie, e anzi, puoi prenderti anche una sbronza esagerata, ma il giorno dopo non hai postumi, né mal di testa, il che è qualcosa di straordinario, solo i jappi con la loro efficienza potevano inventare una bevanda simile, che ti alcolizza la sera ma che la mattina lavori in perfette condizioni. Comunque raggiungiamo per raccontare delle nostre imprese il pub dov’erano gli altri ragazzi, l’Hub, e la cosa più comica è che dopo un po’ entrano alcuni dei ragazzi host, compreso il nostro amico Tigre Shintaro! Ancora più sbronzo e piegato, finisce per baciare a stampo uno dei nostri amici (maschi), e a dargli pure 1000 yen, nel mentre che questo, eliminata ogni barriera linguistica, gli sbraitava in napoletano! Io avevo le lacrime, è stata davvero una serata strepitosa. Concludiamo recandoci verso la metro alla prime luci dell’alba quando i palazzi prendono un colore strano, lucido metallizzato, ad ammirare lo spettacolo con noi ci sono salarymen, altri ragazzi jappi, tutti per la prima metro del mattino, quella delle cinque.

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