22.7.10

12/04/10 lun: Nara.

E’ l’ultimo giorno che ho disponibile il JR Pass e contro tutto e tutti da sola vado a Nara. Le ore di treno sono tante, ma non sapendo quando tornerò su questa terra (ma ora più che mai convinta di tornarci), mi sveglio alle quattro e mezza del mattino per prendere prima metropolitana e primo Shinkansen. Tutto perfetto, arrivo a Kyoto, dove ho il cambio, e faccio l’errore di prendere una specie di regionale che si ferma, non solo a tutte le stazioni, ma penso pure ad ogni casa vicina alla stazione. Il risultato è che tra il treno tram molto meno comodo del Shinkansen, e il viaggio infinito, mi snerva più questo viaggio che il resto. Mettiamoci anche che non ha smesso di piovere un attimo per tutta la giornata, non è che facessi proprio i salti di gioia. Comunque arrivata in stazione a Nara mi fiondo al centro informazioni per avere una mappa e un consiglio su come muovermi per vedere tutta Nara in un giorno. La signora del centro informazioni sa l’inglese, e pure piuttosto bene, mi illustra la mappa, mi consiglia data la pioggia di prendere un bus fino alla fermata principale del parco, poi muovermi a piedi con l’ombrello da lì, poi fare tutto un percorso attraverso un quartiere vecchio per tornare verso la stazione. Seguo il percorso alla lettera, salgo sul bus, che fortunatamente è dotato di uno schermo con segnate tutte le fermate (quindi non mi sbaglio), arrivo al parco che è pieno di segnali per vari tempi. Nonostante la pioggia ininterrotta il parco è meravigliosamente verde, e i cervi, i famosi cervi di Nara, ci sono davvero e passeggiano anche tra i turisti tranquillamente per tutto il parco. Ci sono stand dove puoi comprare dei biscotti da dargli, ma dopo ti devi anche preparare ad un assalto, infatti ho visto cervi azzannare cappotti, ombrelli, borse, pure io mentre guardavo la mappina mi sono accorta che simpaticamente un cervo me ne stava mangiando un angolo. Comunque a Nara vedo il castello contenente il Buddha più grande del Giappone, ed è davvero enorme, successivamente il tempio con il maggior numero di lanterne rosse, e di seguito quello col maggior numero di statuine juzizu (un po’ megalomani a Nara). Tutto è dentro al parco, collegato da vari sentieri di pietre. Una volta fuori mi dirigo verso un quartiere antico passando accanto ad una pagoda, collegata ad uno stagno tramite un’infinita scalinata. Interessante il lago artificiale, posto tra un incrocio di vie, senza alcun tipo di recinzione, praticamente ci puoi finire dentro mentre cammini! Passato il laghetto e un tipico ponte giapponese dove sotto passava un piccolissimo canale con tanto di barchetta di pietra con altre statuine dentro, arrivo al quartiere antico, molto in antitesi rispetto ai quartieri di Tokyo, perché al posto di puntare alla verticalità, si punta all’orizzontalità, infatti tutte le case di legno e carta, perfetti parallelepipedi, pieni di linee orizzontali e verticali. C’è il legno, c’è dove lasciare le scarpe prima di entrare, il che è accogliente, poi però non sai come spostare i pannelli per entrare, quindi allo stesso sembrano casette impenetrabili. In questo quartiere dovrebbe esserci l’ultimo tempio che ho in programma, e non riesco proprio a trovarlo, tutto ciò con una cascata di pioggia ventosa che non finiva un attimo (il che non è molto comodo se devi tenere aperta una cartina e cercare di orientarti). Alla fine decido di chiedere a qualcuno, e mi infilo in quello che doveva essere un negozietto. Appena apro la porta un aroma fortissimo mi invade le narici.. torrefazione di tè! Tè verde!!! Era un negozietto di tè verde che nel mentre essiccava anche le foglioline. L’anziano signore mi fa due favori in uno, mi vende il tè, (ho preferito andare sul tradizionale, in fondo sono ancora completamente ignorante nei confronti dei tè, inutile buttarmi su chissèchetipo, ho preso il classico Sencha), quello vero, in foglioline essiccate che quando toccano l’acqua calda si aprono sprigionando il loro sapore (che a me piace), secondo quello di darmi le giuste indicazioni per il tempio che altrimenti non avrei mai trovato. Al tempio semi deserto trovo un cassiere assai amante del proprio lavoro, mi da la pianta del complesso, e mi ripete 4-5 volte di fermarmi assolutamente a vedere in un certo punto le tegole del tetto, che son rimaste quelle antiche antiche, han resistito a bombardamenti e terremoti (il che sicuramente gli fa onore). Io le guardo ma il mio massimo della poesia è ricordare i tempi passati quando giocavo a quel gioco per la playstation di Ninja, e non facevi altro che salire su quei splendidi tetti composti da quelle tegole. Oltre a quello ritrovo le solite statuette, e dentro uno dei complessi una splendida statua di legno, dipinta a tratti, raffigurante un demone. E’ proprio giunta l’ora di tornare in stazione, mi aspetta un’altrettanto lungo viaggio di ritorno e inoltre a furia di camminare sotto la pioggia, da metà coscia in poi sono completamente fradicia, piedini compresi. A Nara mi faccio furba e prendo un treno tipo interregionale che fa molte meno fermate e arriva prima a Kyoto. Mi siedo sui sedili, e mi accorgo che il controllore per fare in modo che tutti i sedili siano rivolti per il verso giusto della corsa, aziona un meccanismo che li ribalta. Cambio posto al volo per permettergli questo lavoro (che già qualche passeggero salendo ha fatto da solo), e penso che i jappi siano davvero avanti, e che non era poi chissà che meccanismo complicato da mettere anche sui nostri treni.. comunque a Kyoto, vuoi perché non vedevo l’ora di fare la doccia con acqua non piovana, vuoi che mi sentivo un po’ febbricitante da stanchezza e fradiciume, salgo in fretta su un Shinkansen, dimenticandomi completamente che con il JR Pass ci sono certi tipi di treni ultra veloci su cui non puoi salire. Sono lì beata a godermi paesaggio, calduccio, e un bentino (che era il mio pranzo consumato in ritardo di qualche ora) e arriva un controllore donna (che dalla divisa somigliava più a una di quelle donne ascensore) che controlla i biglietti. Un controllore? Mai visto in controllore, anche perché per entrare nell’area treni devi comunque aver usato o il biglietto, o la Suica, o il JR Pass, quindi è un po’ inutile effettuare anche un controllo.. tutti i jappi tirano fuori dei biglietti, e anche questo mi sembra strano, di solito hanno abbonamenti.. poi mi guardo attorno e mi accorgo che i sedili sono più comodi dei già ultra comodi sedili dello Shinkansen normale, guardo la scritta dove appaiono le fermate e noto un bel “Welcome to NOZUMI Shinkansen”.. il Nozumi è ovviamente un treno che non potevo assolutamente prendere con il JR Pass, avrei dovuto pagare un biglietto che sarebbe costato più o meno un terzo della mia vacanza là. Panico. Candidamente faccio vedere il JR Pass alla control woman, e lei in italiano mi dice “un momento” e si segna in un micro taccuino dove sono seduta. Nel mentre che si allontana penso a tutte le possibili strategie, saltare giù dal treno alla prima fermata, chiudermi in bagno, oppure e propendo per quest’ultima, essendo le informazioni scritte sul retro del JR Pass in inglese (compresa quella che avverte di evitare i Nozumi), decido semplicemente di essere un’italiana che non sa parola di inglese, che ignora il tutto, e magari avrei continuato a ripetere shinkansen shinkansen finché non avrebbero trovato un traduttore italiano che avrebbe dovuto spiegarmi tutta la faccenda. Forse il controllore ha letto nel pensiero la mia strategia, forse era già in difficoltà al solo pensiero di dovermi spiegare tutta la faccenda, sta di fatto che nell’ora rimanente di viaggio non passa nessuno, e quando finalmente arrivo a Tokyo mi fiondo giù molto felice di aver evitato un mega multone. La mia coscienza è giustificata dal fatto che ero completamente febbricitante, e non ho proprio pensato a questa faccenda, altrimenti col cavolo che avrei rischiato così. Comunque mi trascino tra metro e piedi fino alla Ryokan, mi faccio dare dal buon Satoshi la chiave per entrare in stanza, mi tolgo i panni fradici, preparo i puliti e mi fiondo nella doccia, che per l’unica volta in tutto il viaggio non mi sembra scottare come al solito (le docce in Giappone le puoi regolare solo dai 37 grandi in su). Dopo sto davanti al nostro ventilconvettore che spara aria calda (accanto a me pantaloni e scarpe per asciugarli) con il phon in mano, creando una galleria di vento caldo e riesco un po’ a riprendermi da tutta la pioggia presa. Collasso sul futon e aspetto il rientro dei baldi giovani per vedere di cercare qualcosa per la cena. Ormai manca poco, domani è l’ultimo giorno serio prima della partenza, e non vogliamo farci mancare il pasto alla catena del solito cane morto.

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