22.7.10

08/04/10 giov: Kyoto

Oggi si prende il mitico Shinkansen, il treno superveloce Tokyo-Kyoto, pulito, lussuoso, spazioso, e talmente fermo nonostante la velocità che ci potresti costruire un castello di carte dentro. Il viaggio dura due ore e mezza, ma pesa relativamente poco grazie alle poltrone spaziose e comode. Arriviamo a Kyoto e miracolosamente splende il sole, che ci assisterà per tutta la giornata. Usciti dalla stazione (enorme e piena di ogni genere di negozio turistico) cerchiamo di capire come fare a muoverci per vedere più cose possibili senza diventare matti per capire la metropolitana. Proprio davanti alla stazione, l’idea vincente di Phil: noleggiare una bici! Girando effettivamente ci siamo accorti che erano parecchi i posti dove poterlo fare (anche a Nara), noi abbiamo semplicemente seguito i cartelli del primo che abbiamo visto, finendo in un piccolo parcheggino a conduzione familiare, dove la giapponesina figlia del proprietario (aveva le tette! Una delle poche jappe tettate!) ci ha dato le bici, poi estremamente gentile ha tracciato sulla mappa un possibile percorso da fare per vedere tutti i posti più importanti. Partiamo, prima tappa il tempio Toji, vicino alla stazione, e subito riusciamo a fare una bella figura con le bici: vediamo un bel casetto di legno che sembra proprio un posteggio bici, e tranquillamente le parcheggiamo dentro, senonchè veniamo chiamati da un poliziotto che gentilmente ci fa notare che abbiamo parcheggiato nella stazione di polizia (che ha sempre uno spazio per le bici, molti poliziotti vanno in bici).. gran figura! Spostate le bici nel parcheggio del tempio, facciamo il biglietto di ingresso ed entriamo in un meraviglioso complesso tra edifici religiosi e un’altissima pagoda, il tutto attorniato da giardini in fiore. Davvero niente male per essere la prima tappa, quindi ripartiamo e ci dirigiamo alla seconda tappa, fondamentale ma lontana, ovvero il tempio dove son state girate alcune scene di “Memorie di una Geisha”. Per la strada ci fermiamo in un altro complesso di tempi, passiamo attraverso un passaggio a livello (come quello dei manga!), un ponticciolo di legno, poi finalmente arriviamo nell’immenso complesso che tra tempi, corridoi, statue, si estende per tutta la montagna. Ovviamente l’attrazione principale sono i corridoi (lunghi fino a 4 km) di tori rossi di legno. Camminare in un percorso di tori rossi è una sensazione da un lato rilassante, dall’altro strana, però assolutamente da fare. Ovviamente avevamo frettissima (concentrare Kyoto in un giorno è impresa epica) però mi appunto per la prossima volta di lasciarmi un giorno intero per percorrere tutto il cammino di tori ed entrare nello spirito meditativo.
Ci fermiamo anche in qualche stand turistico tra cui uno che vendeva kimono, yukata ecc usati ed estivi, quindi con dei prezzi abbordabili, e ognuno si butta in qualche acquisto tipico.
Lasciamo a malincuore questa bellissima area per andare nel tempio più affollato, il cui ingresso è preceduto da una via assolutamente turistica che vende ogni sorta di gadget moderno e non riguardante i tempi antichi. Questo tempio è definito il tempio sull’aria proprio perché costruito su una specie di palafitta appoggiato su una cresta di un monte. La vista del tempio e dal tempio è meravigliosa, ovviamente vialetti e scalinate con tripudio di fiori di ciliegi, tantissimi jappi vestiti con gli abiti tipici. Il tempo stringe, quindi passiamo attraverso un quartiere di case da te di legno, fini ed eleganti, riusciamo a intravedere da lontano probabilmente una maiko che sta rientrando, finiamo in una via sempre di case da te ma ultra turistica, tanto che siam costretti a scendere dalla bici per farci strada tra la folla, poi mega scarpinata in bici verso il castello, ex sede dell’imperatore, che però chiudendo alle cinque, l’ultima entrata è per le quattro mezza (e noi siam arrivati alle cinque rosicate). Poco male, ci vedremo l’interno del cortile dalla torre di osservazione di Kyoto, in cui andiamo dopo aver lasciato le bici e ringraziato il padre della gentile ragazza. Sulla torre ammiriamo dall’alto i tempi che abbiamo visitato, ci rilassiamo, Alberto riesce a far ridere tutti i jappi compresa la donna-ascensore (con la divisa ovviamente) con un finta uscita al piano ristorante (in cui l’ascensore si ferma prima di raggiungere il piano terra), quindi anche le donne-ascensore non sono finte, ma riescono a provare emozioni. Prendiamo il treno per tornare a casa, e pensiamo a come organizzare il domani. Il pensiero che potesse saltarmi il museo Ghibli mi rattristava un po’, così anche se voci dicevano che bisognava prenotarlo mesi prima, e che la prenotazione senza il supporto di un giapponese sarebbe impossibile, decidiamo di provarci lo stesso una volta tornati a Tokyo.
Le prenotazioni vengono fatte tramite delle macchinette nel Combini Lawson. Macchinette in giapponese. Quindi chiediamo al commesso (cappellone-samurai) se ce la può fare lui.
Niente di più semplice, ci chiede quando vogliamo andare, e scopriamo che ci sono posti liberi (addirittura scelta tra mattina e pomeriggio) anche il giorno dopo, poi traduce i nostri nomi in kanji per noi, compila tutto, lo paghiamo e ci consegna i biglietti di prenotazione.
Per la serie sembrava tanto difficile, invece ce la si faceva benissimo. Ovviamente la dritta che era al Lawson dove potevi fare le prenotazioni era fondamentale, quindi ringraziamo Rando per averci dato lo spunto!

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