22.7.10

01/04/10 giov: Ueno (Hanami, zoo, National museum of western art, cimitero Yanaka)

Salutiamo il Capsule Hotel, ci liberiamo dei bagagli alla Taito Ryokan, nostra futura “casa” per tutta la vacanza. Le ryokan sono le tipiche case di carta e legno, in questo caso la nostra era vecchiotta e bisognosa di qualche ristrutturazione, ma era pulita, c’erano in comune sia le turche giapponesi, sia il water occidentale, e un ampio lavandino per lavarsi i denti, e la doccia, con una piccola vasca, era privata, quindi potevi chiuderti dentro e lavarti in santa pace. Il bilancio finale se a uno non infastidisce il legno non lucido e il dormire praticamente per terra (il futon non è altro che un sacco a pelo stesso per terra) è sicuramente positivo.
Passiamo il resto della giornata al Parco Ueno, che data la stagione è immerso nelle fioriture di ciliegio bianco e rosa chiaro.
Percorriamo tutto il viale attorniato da ciliegi e lanterne, guardiamo i tanti jappi che hanno preparato l’hanami, ovvero una festa che consiste in un pic nic, sotto l’albero di ciliegio. Persino in questa occasione i jappi sono quadrati: i teli tutti della stessa plastica blu ordinati geometricamente, loro han tutti il bento (pranzo al sacco) e chiacchierano o si limitano a guardare i ciliegi. Una cosa curiosa è che ad ogni volta che una folata di vento (e il vento in qualsiasi giornata ogni tanto si fa sentire) che scuote i rami facendo cadere leggiadri verso terra i petali si sente un “oooh” di ammirazione.
Gli “oooh” sono pronunciati in simultanea, come altre espressioni dette dai jappi senza nemmeno mettersi d’accordo (ricordo il “Kawaiiii” e altre vocali allungate, in cui si percepivano cori girovagando).
Il cammino tra i ciliegi finisce nell’entrata per lo zoo, dove fai il biglietto inserendo gli yen nelle casse automatiche (le stesse che ritrovi anche in certi ristoranti). Non sono una gran appassionata degli zoo perché mi rattrista vedere gli animali privati della loro libertà, ma mentre allo zoo di Berlino ogni animale aveva un’area piuttosto ampia in cui muoversi, a Tokyo purtroppo le aree erano piccole, e alcune gabbie ancora più piccole. Comunque posso capire che il loro concetto di spazio ampio è molto diverso dal nostro, dato che loro stessi vivono incasellati in piccolissimi appartamenti. In ogni caso noto, come poi noterò anche in un negozio di cuccioli, che le espressioni degli animali sono quasi sempre tendenti al triste, e anche i gatti incontrati per strada, difficilmente hanno piacere di essere coccolati. Gli unici animali felici e festosi che abbiamo incontrato sono i cani di piccola taglia.
Lo zoo era un tripudio di famiglie composte da coppie molto giovani. I bambini vengono davvero considerati il futuro, ci sono un sacco di passeggini tecnologici con imbottiture e cerniere per non fargli prendere freddo, abiti con spazio marsupiale bimbo compreso, nei bagni, in praticamente tutti, addirittura c’è una specie reggi-bimbo.
Passeggiamo tra gli animali, con monologo a stampo filosofico misantropico di Alberto riguardo al Lama da solo che ravana nel sabbione, passando una vita più facile e felice, rispetto ai tapiri, che già per il fatto di essere in due, avevano problemi di interazione sociale.
Usciti dallo zoo anche se la mia prima scelta era quella di evitare i musei per poter star il più possibile all’aria e godermi la vera Tokyo, non resisto al museo di Western Art, contenente molte opere del 400 e 500, un’ampia sezione sugli impressionisti, poi un opera o due di artisti famosi quali Picasso, Mirò, Gaughin, Van Gogh, Erbst, e un stupendo quadro di Signac, davvero gustoso vederlo dal vivo.
Continuiamo la nostra marcia passando accanto alla prima di numerose scuole che vedrò in seguito. Sono assolutamente come le disegnano, di colore pastello, con l’orologione nel palazzo più alto, cortili immensi e la classica cancellata.
Proseguiamo verso uno dei cimiteri più grandi di Tokyo, il Yanaka Bochi, dove riposa l’ultimo shogun. La differenza tra i nostri cimiteri e quelli giapponesi, è che quest’ultimi più che luogo di morte sembrano davvero un luogo di riposo. Silenzio (corvi esclusi), molti alberi, ciliegi in fiore..
E’ rilassante camminare e guardare le tombe con le loro eleganti targhette di legno. La sensazione è di essere in un mondo completamente diverso, il loro concetto di morte è talmente distante dal nostro che traspare persino dalle semplici tombe.
Sul viale ciliegiato di rientro a casa troviamo oltre ad un fantastico negozio pieno di statuine e ciondoli di gatti di buon acquisto (quelli con la zampetta alzata che si ritrovano in ogni attività commerciale perché sono di buon auspicio al commercio) delle bancherelle dell’usato, davvero curiose e carine, dove acquisterò sotto consiglio del buon Albe un giocattolo-Godzilla, che si rileverà poi la star della vacanza.
Prosegue un’immensa camminata per cercare la cena, evitando i posti in cui servono “il solito cane morto”, e “il solito cane morto impanato, però potevate toglierci il pelo”.. in realtà in Giappone ho sempre mangiato molto bene, questi erano solo commenti guardando i piatti di plastica che riproducono i vari menu (un’invenzione geniale per i turisti stranieri che non saprebbero come tradurre le loro scritte).
Dopo aver camminato così tanto comprendiamo che la tessera della metro è praticamente una condizione vitale, quindi affrontiamo le macchinette e riusciamo ad avere la nostra tessera SUICA, che come QUALSIASI cosa in Giappone, ha la sua mascotte, in questo caso un pinguino. La suica (in seguito soprannominata suca) è una fantastica invenzione, è una tessera prepagata, che passi per entrare in metro, ma che puoi anche utilizzare per acquistare bevande ai distributori ed è anche accettata in molti Combini (discount aperti 24h su 24h dove trovi di tutto). A parte la comodità che basta appoggiare la borsa, il portafoglio o la custodia in cui è (non è necessario estrarla, e la cosa funziona a contatto, quindi non si inserisce) per passare i gate della metro. Usiamo questo tesoro di cosa per raggiungere il resto della compagnia a Shinjuku, dove risiedono gli altri compagni di viaggio (altra ri conferma che ciò che sembrava vicino nella mappa, nella realtà è un bel po’ in là!). Scendiamo a Takadanobaba (se vi sembra strano il nome, immaginate come poteva pronunciarlo la vocina della metropolitana) e ci godiamo la vita di un quartiere più giovanile del nostro.
Ci rendiamo pienamente conto di quanto sia scomodo che la metropolitana chiuda da mezzanotte alle cinque (quindi o vai a letto presto, o vai a letto all’alba), quindi ripartiamo verso la Ryokan, e chiudiamo la serata con la prima di una lunga serie di Birra Combini - Futon.

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